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Parliamo di… divario di genere: cosa dice il Global Gender Gap Index

Il World Economic Forum ha pubblicato il report Global Gender Gap Index 2023, risultato di un’indagine che misura il divario di genere in 146 Paesi del mondo. L’indagine si svolge ogni anno dal 2006 e fornisce così un quadro dinamico dell’evoluzione del divario di genere nel corso del tempo, consentendo di monitorare i progressi ed evidenziare le criticità.

Il WEF è una fondazione senza fini di lucro che ha sede presso Ginevra, in Svizzera, e riunisce esponenti di spicco della politica e dell’economia internazionale, intellettuali e giornalisti per discutere delle grandi questioni non solo economiche, ma anche sociali, ambientali, sanitarie. Solo dal 2006, tra tali questioni rientra anche il divario di genere, un tema che prima di quell’anno non era avvertito con sufficiente urgenza e capillarità.

Global Gender Gap Index: come si misura

Il Global Gender Gap Index per misurare il livello del divario di genere nei vari Paesi si basa su quattro elementi chiave:

  • Partecipazione economica e opportunità
  • Livello di istruzione
  • Salute e sopravvivenza
  • Responsabilizzazione politica

Per ciascuna voce i punteggi vanno da 0 a 100 e indicano la percentuale del divario di genere che è stata colmata in ogni ambito. Analizzando la situazione di un Paese in questi quattro ambiti, il WEF assegna un indice che va da 0 a 1, dove 0 indica una condizione di assenza di parità fra i generi e 1 indica il massimo di parità tra i generi. Una piccola anticipazione: nel report 2023, come in tutti i precedenti, nessun Paese raggiunge la condizione di totale parità.

Il divario di genere in Italia

Come è facile immaginare, l’Italia non brilla per la sua posizione in classifica nel Global Gender Gap Index. Si colloca al 79° posto su 146, quindi oltre metà classifica, con un indice di 0,705. Non un pessimo punteggio, si potrebbe pensare, dato che peraltro molti dei Paesi che la superano (tra cui Uganda, Etiopia, Thailandia ed Emirati Arabi, per citarne alcuni) lo fanno di pochissimo.

Il dato davvero preoccupante, però, è che rispetto al 2022 il nostro Paese ha perso ben 16 posizioni e -0,015 in punteggio, quindi sta peggiorando anziché migliorare.

Guardando i risultati più nel dettaglio, emerge che l’Italia è particolarmente indietro negli ambiti della partecipazione economica (posizione 104) e della salute (posizione 95), mentre va meglio nel livello di istruzione (posizione 60) e nella responsabilizzazione politica (posizione 64). In tutte le categorie ha perso posizioni rispetto al 2022, tranne che in quella relativa a salute e sopravvivenza, dove ne ha guadagnate 13 e dove tutti i Paesi superano comunque un punteggio minimo di 0,93, quindi la forbice tra primi e ultimi è piuttosto stretta.

Come abbiamo evidenziato anche noi in un altro articolo, focalizzato sul mondo della finanza, dal report emerge che il cattivo risultato dell’Italia nell’ambito della partecipazione economica è dovuto soprattutto al basso livello degli stipendi femminili e alla scarsità di donne in posizioni di comando.

Il ranking del divario di genere limitato ai Paesi europei vede l’Italia in 30° posizione su 36, prima solo di Bosnia ed Erzegovina, Romania, Grecia, Ungheria, Repubblica Ceca e Cipro.

Il divario di genere nel resto del mondo

L’indice medio del divario di genere globale è 0,684, un punteggio che indica che il 68,4% del divario è stato colmato. Questo indice recupera i livelli pre-pandemia ma rappresenta un progresso molto lento: rispetto al 2006, anno di inizio dell’indagine, l’indice è salito di solo 0,41 punti. 

Sul podio troviamo i Paesi del Nord Europa: Islanda, Norvegia, Finlandia, ma nella top 10 troviamo anche un Paese dell’America Latina (il Nicaragua) e uno dell’Africa (la Namibia). L’Europa, in generale, si posiziona al primo posto rispetto alle altre regioni geografiche, superando da quest’anno il Nord America.

I settori in cui si registrano i migliori cambiamenti a livello mondiale sono quelli dell’istruzione e della salute e della sopravvivenza, in cui si arriva a colmare rispettivamente il 96,1% e il 95,9% del divario di genere in media. Ancora lenti e insufficienti, dove non assenti, i progressi negli ambiti del lavoro e della politica.

Le previsioni per il futuro del Global Gender Gap Index

Secondo il report, al ritmo di progresso attuale, per il mondo ci vorranno ancora 162 anni per colmare completamente il divario di genere in ambito politico, 169 anni per la parità nella partecipazione economica e 16 anni per azzerare il divario nell’istruzione (rimane invece indefinito l’ambito della salute). Una strada decisamente lunga, che richiede di accelerare il passo.

Qualche elemento di speranza per il nostro Paese, comunque, emerge dal report, seppure di labile consistenza: secondo il sondaggio Future of Jobs condotto sempre dal WEF, l’Italia rientra tra i Paesi dove le aziende si stanno impegnando particolarmente nell’aumentare la percentuale femminile del personale implementando programmi DEI (Diversity, Equity, Inclusion).

Anche Opstart è una di queste, infatti circa il 60% del team è costituito da donne, di cui una nella posizione di General Manager e all’interno del CdA. Chiudiamo proprio con le parole di Anna Raschi, la quale sottolinea che “il lavoro che le donne e gli uomini stanno facendo in tutto il mondo per colmare il divario di genere deve essere sostenuto da un più generale cambiamento culturale imprescindibile per accelerare il ritmo del progresso. Per essere efficace, il cambiamento deve partire sin dalle prime fasi di educazione e di crescita delle nuove generazioni”.