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Cosa sono le piattaforme peer to peer?

Nell’ambito del lending crowdfunding si utilizzano tanti termini diversi per definire concetti simili: capire cosa sono le piattaforme peer to peer permette di sciogliere uno dei dubbi più ricorrenti in merito. 

Il lending crowdfunding, infatti, è detto anche “social lending” o “peer to peer lending”, perché rappresenta un prestito “fra pari”, cioè fra privati e non fra un’istituzione e un privato come avviene con i prestiti tradizionali richiesti alle banche o ad altri soggetti istituzionali. Il nome deriva dall’informatica: una rete informatica peer to peer è composta da nodi che si scambiano informazioni contribuendo ciascuno con una parte di potenza di calcolo, senza bisogno di un server centrale.

Le piattaforme peer to peer, perciò, sono portali che assumono il ruolo di intermediari fra società o persone fisiche che vogliono richiedere un prestito peer to peer (richiedenti) e società o persone fisiche che vogliono investire i propri soldi in un prestito peer to peer (prestatori). Le piattaforme peer to peer, cioè, mettono in contatto domanda e offerta online. 

Piattaforme peer to peer: caratteristiche

A differenza dei portali di equity crowdfunding, le piattaforme di peer to peer lending non sono regolate da Consob, bensì sottoposte all’autorità di Banca d’Italia e prive di un regolamento specifico. Il loro funzionamento fa riferimento a norme preesistenti di fonti diverse. Per esempio, il rapporto tra richiedente e prestatori ha come base giuridica l’art. 1813 del codice civile che disciplina il contratto di mutuo. Il quadro giuridico italiano, però, è particolarmente complesso e inefficace per i portali di lending crowdfunding, che in moltissimi casi quindi operano con un’autorizzazione della Banca di Francia come agenti di un istituto di pagamento.

L’entrata in vigore del Regolamento UE sul Crowdfunding, prevista per il 2023, cambierà le cose: anche il lending crowdfunding avrà regole precise e dedicate e per molti aspetti verrà equiparato all’equity crowdfunding.

Esistono 3 tipologie fondamentali di piattaforme peer to peer:

  • consumer, cioè dedicate ai prestiti a persone fisiche;
  • business, cioè dedicate ai prestiti alle imprese;
  • miste, che offrono entrambe le possibilità precedenti.

Secondo l’ultimo report dell’Osservatorio Crowdinvesting del Politecnico di Milano, le piattaforme peer to peer consumer in Italia sono 7, mentre le business sono 32, di cui 20 dedicate esclusivamente al settore immobiliare e 12 generaliste (per esempio Crowdlender).

Le piattaforme peer to peer, inoltre, possono seguire due modelli di funzionamento: diffuso oppure diretto. Il modello diffuso prevede un ruolo più attivo del portale, che sceglie a quale soggetto richiedente prestare il denaro messo a disposizione da un prestatore, in base ai criteri indicati da quest’ultimo; il modello diretto, invece, prevede che siano direttamente i prestatori a scegliere su quale soggetto richiedente investire. Le piattaforme di tipo consumer applicano maggiormente il modello diffuso, le piattaforme business ricorrono per lo più al modello diretto. 

Tutte le piattaforme peer to peer, in ogni caso, condividono il compito di selezionare i soggetti richiedenti il prestito, cioè verificare il loro merito creditizio e la loro capacità di sostenere il debito che contrarranno con gli investitori e di rimborsare questi ultimi. Questo vale anche per le persone fisiche, che devono avere un reddito dimostrabile per poter richiedere un prestito, oltre che essere maggiorenni e senza precedenti di insolvenza. 

Al termine delle campagne di raccolta del prestito, invece, le piattaforme hanno il ruolo di sbloccare i fondi raccolti per renderli disponibili ai soggetti richiedenti, e di monitorare la restituzione del prestito con i relativi interessi.

All’interno dell’hub fintech di Opstart c’è anche una piattaforma peer to peer business: Crowdlender. Vuoi saperne di più? Fissa una call con il nostro team!