I portali di crowdfunding in Italia sono le piattaforme autorizzate a fornire servizi di crowdfunding alle imprese e agli investitori nel rispetto delle relative normative nazionali ed europee. In quanto soggetti alternativi a quelli istituzionali, come le banche, per il finanziamento delle imprese e per gli investimenti finanziari dei privati, i portali di crowdfunding sono osservati speciali per le autorità finanziarie sin dalla loro prima comparsa sul mercato.
Tale attenzione ha portato, negli anni, alla configurazione di un quadro normativo approfondito e specifico finalizzato alla tutela delle imprese, ma soprattutto degli investitori che svolgono operazioni sulle piattaforme di crowdfunding. La vigilanza delle autorità finanziarie garantisce il rispetto di questo quadro normativo: scopriamo nel dettaglio chi vigila sui portali di crowdfunding in Italia e perché possiamo affermare senza alcun dubbio che il crowdfunding è sicuro.
La normativa sull’equity crowdfunding in Italia
Il crowdfunding in Italia ha fatto la sua comparsa intorno agli anni Dieci del Duemila: era uno strumento finanziario assolutamente nuovo, che era difficile far rientrare nella normativa di altri strumenti finanziari, a causa delle sue peculiarità. L’allerta era alta soprattutto per l’equity crowdfunding, che è la tipologia di crowdfunding più complessa, più rischiosa e dai vincoli a più lungo termine per gli investitori.
L’Italia è stata il primo Paese europeo a dotarsi di un regolamento specifico per l’equity crowdfunding nel 2013: il DL 179/2012, introducendo l’equity crowdfunding nel Testo Unico della Finanza, assegnò il compito di definire le modalità operative specifiche a Consob, ovvero la Commissione Nazionale per le società e la borsa. Essa è l’autorità per la vigilanza dei mercati finanziari, che ha l’obiettivo di verificare la trasparenza e la correttezza degli operatori finanziari in modo da tutelare gli investitori e salvaguardare il sistema finanziario.
Il primo regolamento per l’equity crowdfunding stabiliva per i portali l’obbligo di richiedere l’autorizzazione a Consob per poter operare, requisiti di trasparenza e informazione nei confronti degli investitori, clausole di recesso e di revoca a favore degli investitori, la necessità di verifica delle competenze di questi ultimi e sanzioni per ogni norma non rispettata.
A partire dal 2023 la normativa italiana ha assorbito le novità introdotte dal Regolamento ECSP, che uniforma la normativa sul crowdfunding nei Paesi membri dell’Unione Europea. Il regolamento europeo impone a ogni Stato di individuare una o più autorità di vigilanza e nuovi requisiti per i portali per ottenere l’autorizzazione a continuare la propria attività di fornitura di servizi di crowdfunding.
L’obiettivo è aumentare ulteriormente la trasparenza e la sicurezza per gli investitori.
La normativa sul lending crowdfunding in Italia
A differenza dell’equity crowdfunding, il lending crowdfunding non è stato regolato in modo specifico in Italia sin dall’inizio. I primi portali di lending crowdfunding furono autorizzati a operare da Banca d’Italia come Istituti di Pagamento nel 2010, sfruttando una categoria di operatori già esistente e normata dal Codice civile, dal Testo Unico Bancario e da altre disposizioni. Il lending crowdfunding, perciò, si rifaceva a testi normativi non specifici e ricadeva sotto la vigilanza di Banca d’Italia.
Quest’ultima è responsabile della stabilità monetaria e finanziaria del Paese, ma anche della vigilanza sul rispetto delle regole di trasparenza e correttezza degli intermediari finanziari nei confronti dei clienti. Si occupa, inoltre, di accrescere il livello di alfabetizzazione finanziaria della popolazione.
Dal 2023 anche i portali di lending crowdfunding di tipo business rientrano nel Regolamento europeo, quindi sono sottoposti alle stesse regole di trasparenza e tutela degli investitori e alla stessa vigilanza dei portali di equity crowdfunding.
Le autorità di vigilanza sui portali di crowdfunding in Italia
In passato, come si è visto, Consob si occupava della vigilanza sui portali di equity crowdfunding e Banca d’Italia dei portali di lending crowdfunding. Oggi, invece, entrambe sono incaricate di autorizzare le piattaforme in base ai requisiti del nuovo regolamento europeo e di vigilare sulle attività dei portali di crowdfunding in Italia.
A giugno 2023 le due autorità hanno firmato un Protocollo d’Intesa per definire le rispettive competenze e coordinare l’esercizio delle funzioni di vigilanza.
Consob ha il compito di raccogliere le domande di autorizzazione, garantire la trasparenza e la correttezza dei servizi di crowdfunding (incluse le comunicazioni di marketing), mentre Banca d’Italia si occupa dell’adeguatezza patrimoniale, del contenimento del rischio, della governance societaria e dei requisiti di organizzazione e continuità, dell’organizzazione amministrativa e contabile, dei controlli interni.
Il processo per l’autorizzazione
Il processo di autorizzazione dei portali di crowdfunding prevede quindi che sia Consob a fornire il “via libera”, ma solo dopo aver fornito anche a Banca d’Italia le informazioni sulle verifiche condotte. Può esserci, quindi, un doppio controllo sul rispetto dei requisiti in caso di dubbi.
Banca d’Italia, invece, si occupa di autorizzare le banche, gli istituti di pagamento, gli istituti di moneta elettronica e gli intermediari finanziari vigilati che intendono offrire servizi di crowdfunding; anch’essa deve condividere con Consob le informazioni sulle proprie attività di verifica e autorizzazione per un controllo incrociato.
Le due autorità, inoltre, devono coordinarsi anche nelle operazioni di ispezione e verifica di irregolarità, operando ciascuna per le materie di propria competenza ma condividendo sempre le informazioni in caso di necessità, per garantire celerità e trasparenza nell’accertamento di eventuali infrazioni riscontrate tramite controlli o segnalate dai fruitori dei servizi.
Banca d’Italia e Consob, infine, si impegnano a cooperare anche con le altre autorità europee per la vigilanza sui portali di crowdfunding.
I portali di crowdfunding che ad oggi hanno ricevuto l’autorizzazione a operare, quindi, tra cui Opstart, rispettano i massimi standard di sicurezza e sono sottoposti a un’accurata vigilanza.
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